sabato 23 marzo 2019
Se la buona politica è al servizio della Pace
Alla luce del Natale del Signore vogliamo accogliere con particolare attenzione il messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale della Pace 2019: La buona politica è al servizio della Pace.
Oggi, anche nella nostra Regione, abbiamo bisogno di una buona politica che faccia crescere il lavoro, un “lavoro libero, creativo solidale e partecipativo”. Un lavoro degno, che permetta ad ogni lavoratrice e lavoratore di tornare a casa ogni sera con la soddisfazione di aver guadagnato un pane dignitoso e di aver contribuito al progresso della società. Un lavoro che possa far crescere e consolidare la Pace, rispettoso della vita umana e della salvaguardia del creato, come abbiamo richiamato nel nostro messaggio di ottobre 2018, ad un anno dalla Settimana Sociale di Cagliari. La produzione e il commercio delle armi non contribuiscono certo alla Pace, anche se occupano molte persone e collocano in alto l’Italia nella classifica dei fabbricanti di armi. La Chiesa ha sempre sostenuto con fermezza che “la vendita e il traffico di armi costituiscono una seria minaccia per la Pace” (cfr Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 511). Nel mondo invece crescono sempre più le spese militari e si registrano ancora tanti “conflitti dimenticati”: lo scorso anno sono stati 378, sparsi in diverse parti del pianeta, di cui 20 classificati come guerre ad elevata intensità.
domenica 3 marzo 2019
Mozione Assisi Stop bombe per la guerra in Yemen
Premesso che
Come affermato dalla risoluzione del Parlamento europeo del 4
ottobre 2018: «il conflitto in atto nello Yemen è giunto al quarto anno e che
più di 22 milioni di persone necessitano di sostegno umanitario; che le persone
in condizioni di insicurezza alimentare sono più di 17 milioni e che, di
queste, oltre otto milioni versano in uno stato di grave insicurezza alimentare
e rischiano di morire di fame»;
Premesso che
Rompere il muro dell'indifferenza
In Italia si producono bombe utilizzate nel conflitto in corso dal 2015 in Yemen.
Gli ordigni colpiscono scuole e ospedali. Cambiano i governi e la composizione di Camera e Senato, ma le armi continuano a partire nonostante le numerose risoluzioni del Parlamento europeo che invitano gli Stati a sospendere ogni rapporto di fornitura con i protagonisti, nel nostro caso con l’Arabia Saudita, di una guerra che gli esperti Onu definiscono un disastro umanitario.
Il tentativo di trattare la questione come un caso
marginale, delocalizzando il problema nel territorio sardo del Sulcis Iglesiente,
dove quella produzione avviene, è solo uno degli argomenti più banali usati per
coprire le gravi responsabilità politiche di ciò sta accadendo nel nostro
Paese.
Peggio ancora avviene quando, in diverse sedi, si
afferma che, anche in caso di stop dall’Italia, le bombe arriverebbero comunque
dalle aziende degli altri Stati concorrenti nel settore.
La nostra società non può rassegnarsi a tale
declino morale ed economico. Il ripudio
della guerra si mette in pratica attuando la legge 185/90 che vieta la
vendita di armi ai Paesi in guerra e prevede il finanziamento di seri piani di riconversione industriale.
Un reale cambiamento parte da un dibattito pubblico promosso nei comuni italiani su una mozione
che chiede di fermare gli ordigni che provocano stragi e promuovere un’economia
di giustizia. Assisi è stato il primo comune a rompere il muro della complicità e indifferenza.
Come testimonia la resistenza civile del movimento
per la riconversione nato in Sardegna, con adesioni a livello nazionale e
internazionale, la protesta si accompagna alla proposta di un modo giusto di
stare al mondo.
Quello che genera ponti di pace oltre ogni frontiera ma erge muri agli strumenti di morte.
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